sabato 16 aprile 2011

La Decrescita... ORA!

Movimenti che si rifanno al concetto di Ecologia Profonda e di critica radicale al sistema si confrontano da decenni oramai sulla teoria della Decrescita Economica.
In Francia (ma non solo), grazie anche al contributo di intellettuali come Latouche e De Benoist, si è già aperto un serio dibattito sull'argomento.
In Italia, questa è materia pressochè ignota, complice anche la chiusura mentale, il bigottismo e la malafede di una classe politica (di destra e di sinistra) VECCHIA e inadeguata.


Guarda il filmato di Massimo Fini sulla Decrescita:
Prima parte - http://www.youtube.com/watch?v=YHIKgxONQdU
Seconda parte - http://www.youtube.com/watch?v=JqIVDQFK2Ng

mercoledì 13 aprile 2011

12 giugno: Vota SI per dire NO al nucleare

Mentre il dramma di Fukushima va delineandosi in tutta la sua enormità, i nostri governanti, al guinzaglio delle lobby nucleariste, persistono nella loro campagna di mistificazione e disinformazione. Secondo un recente sondaggio, solo il 30% degli elettori italiani è al corrente che il 12 giugno si voteranno i referendum sulla privatizzazione dell'acqua, il legittimo impedimento e il nucleare. Non aspettiamoci che siano i media a fare pubblicità a questo importante appuntamento referendario: qualcuno, come si è visto, ha già sin da ora provveduto a silenziarli. La pubblicità dovremo farla noi, da privati cittadini, nelle strade e nelle piazze.

Il 12 GIUGNO vota SI per dire NO AL NUCLEARE.

giovedì 24 marzo 2011

Nessun soldato italiano in Libia!

Il progetto politico “Uniti e Diversi” lancia una petizione online contro un possibile intervento militare italiano in Libia.
La Libia sta vivendo giorni drammatici.
Scontri e violenze insanguinano l'intero il Paese, nel quale sia le forze popolari sia , che l'apparato di potere, appaiono divisi lungo linee geografiche e tribali.
“In questa situazione caotica, un intervento militare esterno porterebbe esclusivamente nuovi lutti alla popolazione, e rappresenterebbe una grave violazione dell'indipendenza e della sovranità del popolo libico.
Si tratterebbe dell'ennesima operazione di guerra, mascherata da 'azione umanitaria'.
L'unica finalità sarebbe impadronirsi delle risorse economiche ed energetiche di un paese straniero.
Esattamente come in Iraq e in Afghanistan.” dichiara Maurizio Pallante, portavoce del gruppo.
Il movimento per la pace, che ebbe larghissima partecipazione nel nostro paese, necessita di una
rinnovata capacità di mobilitazione.
Per questo tutte le realtà che danno vita al progetto “Uniti e Diversi” lanciano una petizione online chiedendo a tutti coloro che ripudiano la guerra di firmarla e diffonderla su siti, blog, social network e mailing list.
Il testo si può sottoscrivere sul sito:

“UNITI e DIVERSI” è la denominazione del progetto politico che ha preso il suo avvio il 18 dicembre 2010, in un'affollata assemblea all'Università di Bologna.
Obiettivo è dar vita ad un percorso in grado di portare alla nascita di un nuovo soggetto politico, del tutto esterno ai partiti esistenti, capace di proporre un governo della transizione verso una nuova società che rifiuti l'attuale consumo insensato delle risorse, che porta alla devastazione dell'ambiente e della stessa natura umana, oltre che del tempo vitale degli individui.
I promotori concordano sulla impossibilità pratica, materiale, di proseguire lo sviluppo nelle forme e nei modelli degli ultimi due secoli. E dunque sulla necessità di promuovere, a livello di larghissime masse popolari, nuovi stili di vita, di produzione, di consumo, basati sulla solidarietà e non sulla concorrenza.
Il nuovo soggetto politico non avrà connotati di destra o di sinistra, ma si rivolgerà alla gente di ogni ceto, per costruire un percorso di pace, di difesa dei territori, di democrazia partecipata, verso una nuova convivenza umana.

I promotori di “UNITI e DIVERSI” sono:
- Maurizio Pallante (Fondatore del Movimento Decrescita Felice e Portavoce di “Uniti e Diversi”)
- Giulietto Chiesa (Presidente del Laboratorio politico “Alternativa”)
- Monia Benini (Presidente de “Per il Bene Comune”)
- Massimo Fini (Fondatore del Movimento Zero)
- la Rete Provinciale Torinese dei Movimenti e Liste di Cittadinanza

domenica 30 gennaio 2011

UNITI E DIVERSI

PER LA FORMAZIONE DI UN NUOVO SOGGETTO POLITICO CHE GOVERNI LA TRANSIZIONE

1. La fase storica, che si è aperta con la rivoluzione industriale e in poco più di due secoli ha trasformato completamente il mondo, si sta avviando alla sua conclusione. La crescita della produzione di merci che l’ha contraddistinta, e la progressiva estensione della mercificazione a percentuali sempre maggiori della popolazione mondiale e a settori sempre più ampi della vita umana, si stanno scontrando con i limiti fisici della biosfera a fornire le quantità crescenti di energia e materie prime di cui questo processo ha bisogno e a metabolizzare gli scarti liquidi, solidi e gassosi che genera. Numerosi contributi scientifici lo documentano.

2. Un altro segnale, altrettanto evidente sebbene ignorato, della fine imminente di questa fase storica, è dato dal fallimento dei tentativi di superare la crisi di sovrapproduzione scatenata dalla crisi finanziaria esplosa nell’agosto del 2008. I governi occidentali hanno tentato di sostenere la domanda stanziando ingenti quote di denaro pubblico, ma non sono stati in grado di rilanciare produzione e consumi, né di fermare l'aumento della disoccupazione. Le politiche anti-recessive si sono tradotte in aumenti paurosi dei debiti pubblici, portando diversi paesi sull'orlo dell'insolvenza e oltre. Quando si è invertito l'ordine dei fattori, tentando l'avvio di politiche restrittive, l'effetto è stato la riduzione della domanda e una nuova impennata delle disoccupazione. E' evidente che tutte le strategie del passato non funzionano più. L'economia della crescita ha raggiunto, o sta per raggiungere, il suo limite.

3. Questo limite è incompatibile con l'esistenza stessa dell'attuale architettura finanziaria internazionale. La guerra e l'assalto agli equilibri eco-sistemici sono entrambi un prodotto diretto di questa struttura. La finanza mondiale non è frutto di un errore: è stata costruita per funzionare così come ha funzionato e funziona. Ed è per questo che produce mostruosità di violenza e di diseguaglianze. Questa finanza mondiale è la forma monetaria della contraddizione insanabile, e ormai esplosiva, tra sviluppo e natura.
Di denaro continueremo ad avere bisogno, ma non di quello attuale. Dovrà essere introdotto il controllo pubblico democratico sull'emissione monetaria, poiché il denaro non può essere concepito come una merce e non ha valore se non è raccordato all'economia reale. Quando questo rapporto si spezza – e si è spezzato clamorosamente davanti ai nostri occhi – il denaro si trasforma in potere allo stato puro, sovvertitore di ogni regola e principio, inclusi quelli del mercato, della morale e della stessa logica. In questo contesto anche la sovranità degli Stati perde ogni significato e, con essa, la stessa democrazia viene liquidata, come sta avvenendo.

4. In Italia, secondo quanto sancito dalla nostra Costituzione, la sovranità appartiene al popolo. Tuttavia le oligarchie partitiche hanno fatto sì che questo testo sia largamente inapplicato. Per contrastare questa pericolosissima deriva, e soprattutto per restituire ai cittadini i diritti che dovrebbero esercitare, si dovrebbe imporre al Parlamento l'obbligo di discutere le proposte legislative di iniziativa popolare, e di attribuire a queste un carattere prioritario rispetto all'ordinaria attività. Pietra miliare per una democrazia partecipata è sicuramente l’abolizione del quorum di partecipazione per i referendum nazionali, con la contestuale introduzione di quelli propositivi, così come può diventare di fondamentale importanza portare le Amministrazioni Comunali ad inserire nei propri Statuti i referendum consultivi, nonchè abrogativi e deliberativi senza quorum. Similmente, si avverte l’urgenza dell’introduzione di un sistema elettorale proporzionale con la possibilità di esprimere preferenza da parte degli elettori per i candidati, contestualmente all’eliminazione dei procedimenti di raccolta firme ai fini della presentazione delle liste per qualunque elezione (il meccanismo attualmente è distorto e truffaldino e disattende anche il principio fondamentale della segretezza del voto, imponendo l'espressione di un “sostegno politico” alla lista che si sottoscrive).

5. L’attuale situazione, critica su molti fronti simultaneamente, sta già modificando tutti gli assetti mondiali di potere, a riprova che la transizione è già cominciata e che le sue turbolenze sono in espansione. Il lungo dominio mondiale degli Stati Uniti è in evidente declino, assieme all'ormai insostenibile – per il resto del mondo - supremazia assoluta del dollaro.
Il tenore di vita del miliardo d'oro non è sostenibile, in condizioni pacifiche, mentre all'interno stesso dei paesi industrialmente sviluppati – nei quali larghi strati popolari hanno comunque potuto godere, negli anni della crescita del PIL, delle briciole che cadevano dal tavolo dei ricchi – si assiste a una impressionante divaricazione e disparità nella distribuzione dei redditi. Ne consegue che i patti sociali – che hanno permesso alle nostre società di reggere negli ultimi 60 anni – sono gravemente minacciati quasi dovunque.
Le tensioni internazionali crescono di pari passo a quelle sociali e interne a ogni paese. Classi politiche impreparate e miopi si lasciano tentare da soluzioni demagogiche verso l'interno e aggressive verso l'esterno, nella speranza di mantenere una presa che loro sfugge nei confronti delle rispettive opinioni pubbliche.
E' evidente che, in queste condizioni, cresce il pericolo di guerre, anche di grandi dimensioni. In assenza, o carenza, di risorse essenziali, coloro che sono forti militarmente sono trascinati dalla tentazione dell'uso della forza per risolvere i problemi della propria stabilità interna. Queste tendenze continueranno a crescere.
S'impone dunque una politica estera del tutto diversa dall'attuale, a cominciare dal riconoscimento dei diritti del popolo palestinese e dalla eliminazione di armi atomiche in Italia e in tutta l’area mediterranea. Occorre una politica estera che liberi l'Italia da ogni alleanza militare - anche attraverso la pubblicazione e il superamento degli accordi militari segreti tuttora in essere - e le consenta di svolgere un'azione autonoma e sovrana di pace.
Come primo atto di una svolta necessaria s'impone il ritiro delle nostre truppe dall'Afghanistan e l'impegno a una drastica e conseguente riduzione e riorientamento delle spese militari, esclusivamente all'interno di una politica europea comune di contributo attivo alla pace e alla costruzione di una nuova architettura mondiale multipolare.
Per realizzare questi obiettivi occorre interpretare in modo radicalmente nuovo la funzione dei movimenti per la pace. Dalla logica della risposta alla guerra, a quella della mobilitazione preventiva contro il sorgere di conflitti. Le guerre devono essere individuate là dove possono nascere. E là devono essere disinnescate. La pace si vince impedendo alla guerra di cominciare, non imponendole di fermarsi.

6. Tutte le forze politiche storiche hanno posto a fondamento del loro sistema di valori e dei loro criteri di interpretazione della realtà, l’identificazione del benessere con la crescita della produzione e del consumo di merci. Tutte hanno adottato le misure che ritenevano più efficaci per favorire la crescita e rimuovere gli ostacoli che le si frappongono, per accrescere in continuazione i livelli dei consumi, per ampliare il numero dei produttori e consumatori di merci. Lo scontro politico tra di esse si è sempre articolato sulle scelte di politica economica più efficaci per stimolare la crescita e sui criteri di distribuzione del reddito monetario che ne consegue.

7. Per superare la crisi di sistema determinata dall’intreccio della crisi di sovrapproduzione con la crisi ambientale occorre elaborare strumenti di analisi economica e di politica economica diversi da quelli finalizzati a rilanciare la crescita della produzione di merci. E per far questo occorre un soggetto politico capace di dimostrare nei fatti che si può, e conviene, indirizzare la ricerca scientifica e le innovazioni tecnologiche a ridurre gli sprechi di energia, gli sprechi di materie prime e la quantità dei rifiuti perché solo in questo modo si può creare occupazione; che quindi la crisi economica si può superare soltanto se l’economia viene indirizzata a superare la crisi ambientale. Occorre perseguire una crescita guidata dei settori produttivi funzionali al superamento della crisi ambientale e una decrescita guidata dei settori che la rendono sempre più grave. Si dovrà energicamente combattere contro licenziamenti e disoccupazione avviando una progressiva e generalizzata riduzione dell'orario di lavoro. Lo sviluppo di tecnologie che accrescono l’efficienza nell’uso delle materie prime e dell’energia, che accrescono la durata e la riparabilità degli oggetti, che consentono di recuperare i materiali di cui sono composti quando vengono dismessi, comporta una riduzione dei consumi a parità di benessere. Se al posto degli attuali parametri quantitativi si utilizzassero parametri qualitativi nella valutazione delle attività produttive, la conseguenza sarebbe una diminuzione degli sprechi e della produzione di merci.

8. Un così radicale capovolgimento di prospettiva richiede l’elaborazione di un paradigma culturale diverso da quello che caratterizza il modo di produzione industriale e non può essere compreso nel sistema dei valori e nei parametri concettuali dei partiti che si sono formati nel periodo storico e nei paesi in cui questo modo di produzione si è affermato, perché ne costituisce l’antitesi. Richiede pertanto la formazione di un nuovo soggetto politico che non può limitarsi ad essere un’altra variante dei partiti esistenti, un rimescolamento di carte tra spezzoni di varia provenienza che avvertendo l’insufficienza della strumentazione teorica in dotazione si propongano di arricchirla con qualche utensile in più. Il nuovo soggetto politico, di cui c’è bisogno per sostenere a livello istituzionale proposte coerenti con un paradigma culturale che sostituisca il parametro quantitativo della crescita con parametri qualitativi finalizzati a superare la crisi economica creando occupazione in attività produttive in grado di attenuare la crisi ambientale, non può che collocarsi in uno spazio definito da coordinate diverse da quelle che definiscono lo spazio in cui da più di due secoli si svolge il confronto tra le opzioni politiche di destra e di sinistra.

9. Il nuovo paradigma, i nuovi stili di vita, di produzione, di utilizzo-riutilizzo, di consumo devono diventare patrimonio di immense masse popolari. Ciò è non solo necessario perché la transizione verso una nuova società avvenga in modo pacifico, ma anche perché si realizzi un più alto livello di partecipazione e di democrazia. Noi viviamo però, da ormai due generazioni, in una società dove la democrazia è stata trasformata in un combattimento di tecnologie per manipolare la coscienza collettiva.
Un nuovo soggetto politico, quale noi intendiamo costruire, dovrà perciò porsi il compito cruciale di invertire il funzionamento della macchina dell'inganno e del frastuono, ovvero del rumore di fondo che obnubila e distrae. Tutto ciò per riportare l'uomo al centro di se stesso e della società, al posto di economia, tecnologia, virtuale, e per recuperare il suo bene più prezioso: il tempo.
Non c'è dubbio che il mainstream informativo-comunicativo sta producendo una regressione collettiva, per le popolazioni che gli sono soggette, che ha già trasformato la maggioranza dei cittadini del miliardo d'oro in consumatori compulsivi. Coloro che detengono il potere della e sulla comunicazione sono gli stessi che puntano alla prosecuzione forsennata dello sviluppo predatorio e consumistico. Ecco, dunque, che occorre portare la battaglia sul campo della informazione comunicazione: dalla sua democratizzazione, al potenziamento dell'azione pubblica, come effetto della constatazione che le televisioni (e in generale i media di ogni tipo) hanno assunto un ruolo centrale e dominante nella formazione del tenore culturale e intellettuale di una intera nazione. Tra le misure indispensabili per accompagnare una transizione consapevole occorrerà ridurre drasticamente la massa dei messaggi pubblicitari. E introdurre, anche nei programmi scolastici di ogni ordine e grado, l'educazione ai media. Sarebbe, questo, uno degli strumenti decisivi per invertire lo scivolamento verso l'analfabetismo di massa che caratterizza tutte le società investite dalla mutazione antropologica dell'homo videns. Ora doppiamente analfabete, perché non sanno più leggere e perché non sono ancora capaci di leggere – non conoscendone la grammatica e la sintassi - il messaggio ormai dominante delle immagini in movimento.
Questi ed altri strumenti di organizzazione democratica e partecipata del flusso informativo-conoscitivo, come quello del sapere in ogni suo aspetto, debbono colpire l'effetto ultimo della mercificazione di tutti i rapporti umani che è stato il risultato del processo manipolatorio.

10. Le politiche economiche dominanti nei paesi occidentali sono variate nel tempo assieme alle forme di organizzazione e di regolazione dell'economia capitalistica. Così, la lunga fase di sviluppo economico iniziata con la fine della Seconda Guerra Mondiale è stata caratterizzata da politiche economiche di sinistra, cioè di tipo riformista socialdemocratico, mentre la sua crisi, sopravvenuta negli anni Settanta del Novecento, ha portato al predominio di politiche economiche di destra (usualmente indicate con l'etichetta "neoliberismo"), predominio che si è protratto fino ad oggi. In questa fase "neoliberista" si è assistito al crollo del "socialismo reale" e alla diffusione nel mondo intero dei rapporti sociali capitalistici. In questa fase nei paesi a economia di mercato la sinistra ha cercato di competere con la destra introducendo nel suo apparato concettuale e operativo gli elementi essenziali della cultura della destra. Ma l’economia di mercato ha aggravato i problemi ambientali, economici e sociali: incremento delle emissioni inquinanti, maggiori difficoltà di approvvigionamento di materie prime, de-localizzazione delle produzioni in paesi a controllo ambientale ridotto o nullo, con manodopera disponibile a lavorare a costi più bassi e con meno garanzie, processi migratori su scala mondiale. Vi sono forze, politiche e culturali, che comprendono questi temi. Manca tuttavia ad esse la consapevolezza della necessità di un diverso paradigma culturale. Di conseguenza l' equità o la sostenibilità che si presume di perseguire rimane all’interno di questo sistema di produzione, cioè si riduce a una più equa distribuzione della ricchezza monetaria prodotta da un’economia finalizzata unicamente alla crescita della produzione di merci, senza nemmeno scalfire la logica distruttiva dell'attuale sistema. Questo è un vicolo cieco.

11. C’è inoltre in Italia chi ritiene che sia necessario fondare un nuovo soggetto politico per dare rappresentanza a settori sempre più vasti dell’elettorato che non si riconoscono in nessuno dei partiti esistenti e sono sempre più nauseati dai livelli di degenerazione raggiunti dal sistema politico, dallo spregio della legalità, dalla diffusione della corruzione, dalla presenza nel parlamento di una nutrita rappresentanza di persone condannate in processi penali, dall’approvazione di leggi che impediscono lo svolgimento di processi a carico di imputati eccellenti e ostacolano le indagini penali, da sanatorie che incoraggiano l’evasione fiscale, da un sistema elettorale che ha sottratto agli elettori la libertà di scegliere i propri rappresentanti istituzionali e l’ha consegnata alle segreterie di partito, dagli intrecci tra apparati dello Stato e organizzazioni criminali, dalle collusioni tra maggioranza e minoranza nella difesa di privilegi intollerabili. Come non essere d’accordo con ogni iniziativa finalizzata a ripristinare la legalità e la sovranità popolare? Ma anche se si ottenesse questo risultato non si sarebbero fatti passi in avanti nella definizione di una politica economica in grado di superare la crisi economica e la crisi ambientale. Se in un contesto di legalità e di democrazia si continuasse a finalizzare le attività economiche e produttive alla crescita della produzione di merci, la disoccupazione, le emissioni inquinanti e i rifiuti continuerebbero comunque a crescere, i problemi energetici, quelli della salute, e l’effetto serra ad aggravarsi. Si andrebbe comunque al disastro, ma in condizioni giuridicamente ineccepibili.

12. Una più equa distribuzione delle risorse tra le classi sociali e tra i popoli, la tutela ambientale e la difesa della legalità costituiscono dei punti fermi su cui non si può non concordare, ma non sono sufficienti per evitare il collasso della civiltà che sta per essere causato da un sistema economico finalizzato alla crescita della produzione e del consumo di merci.
Occorre invertire questa tendenza individuando parametri differenti per le attività produttive; riscoprendo nel fare bene, e non nel fare sempre di più, il senso autentico del lavoro; nello stare bene con se stessi e con gli altri nei luoghi in cui si vive, e non nel tanto avere, il senso della vita.
Una presenza politica nelle istituzioni è indispensabile per riuscire a tradurre in misure di politica economica e industriale questa concezione del mondo e per diffondere azioni educative necessarie per orientare gli stili di vita verso la sostenibilità. Questo passaggio non sarà facile perché l'intera società attuale è basata sul presupposto della crescita. Di conseguenza, la crisi della crescita comporta gravissimi problemi sociali, in particolare l'aumento della disoccupazione e delle disuguaglianze sociali. Per questo, il passaggio ad una società più umana richiede un grande sforzo, in larga parte ancora da fare, di elaborazione teorica e pratica. Solo una nuova forza politica, di dimensione nazionale e, in prospettiva, internazionale, può porsi un tale obiettivo, che è la premessa per costruire una alternativa popolare e democratica ai fautori della crescita.

13. Una nuova presenza politica nelle istituzioni è necessaria, com’è necessario che si attui una nuova modalità capace di favorire concretamente buone pratiche di democrazia diretta e diffusa. Diventa così importante: ascoltare, dialogare, confrontarsi con i cittadini, i comitati, i movimenti, le associazioni, costruendo e alimentando spazi e strumenti di partecipazione autentica che possano favorire scelte e decisioni condivise.
Fare della coerenza e della trasparenza principi imprescindibili dell’agire politico.
Affermare e praticare l’impegno politico come diritto/dovere di tutti e di tutte, rifiutando il principio della delega ai professionisti della politica.
Rifiutare i personalismi, i protagonismi, le gerarchie; favorire la partecipazione diretta, la responsabilità collettiva, lo spirito di servizio per il bene comune.
Superare la contrapposizione tra la sinistra e la destra (entrambe fautrici di una politica economica basata sulla crescita illimitata) e l’insieme della partitocrazia, a favore di un diverso paradigma culturale, che privilegia la sostenibilità alla crescita e allo sviluppo economico a tutti i costi.
Valorizzare la dimensione locale, il lavoro di territorio, lo sviluppo di comunità per alimentare il senso di solidarietà, di fiducia reciproca, di mutuo aiuto.
Sostenere e far interagire le realtà locali e le persone senza legami con i partiti che condividono l’esperienza del nuovo soggetto politico, favorendo la creazione di una rete di sostegno alla rappresentanza provinciale, regionale e nazionale.
Promuovere e incoraggiare circuiti dell'economia alternativa basati sugli scambi non monetari e sulle monete locali, al fine di sottrarre terreno al ricatto della finanza e moltiplicare esperienze per la transizione a un sistema sociale autenticamente alternativo.

In questo documento sono enunciati alcuni principi di fondo su cui i proponenti invitano ad aprire un confronto per verificare la possibilità di avviare il processo costituente di un nuovo soggetto politico.


Rete Provinciale torinese dei Movimenti e Liste di cittadinanza:

Comitato di cittadinanza attiva e Lista civica Rivalta Sostenibile, Lista civica Alpignano, Per il Bene Comune Piemonte, Movimento Alternativa Piemonte, Lista civica No Inceneritore Beinasco, ANIMO Nichelino.


Maurizio Pallante (MDF – Movimento della Decrescita Felice)

Giulietto Chiesa (Movimento Alternativa)

Monia Benini (Per il Bene Comune)

Massimo Fini (Movimento Zero)



Roma, 21 novembre 2010

venerdì 24 settembre 2010

I due pesi e le due misure della giunta Salini

Fonte: Cittadini contro l'amianto

La giunta Salini continua ad appoggiare il progetto di discarica di amianto di Cappella Cantone (è del 28 luglio scorso il parere favorevole al rilascio dell’AIA, l’autorizzazione integrata ambientale), nonostante che la stessa normativa regionale preveda che non si possono realizzare discariche dove non é garantita la tutela delle risorse idriche.
Ricordiamo che il 9 giugno scorso il TAR di Brescia ha annullato i provvedimenti tramite i quali la Regione Lombardia aveva autorizzato l’esercizio di una discarica di amianto a Brescia, in via Brocchi, per insufficienza dell’istruttoria posta in essere dalla Regione in relazione alla vulnerabilità geologica del sito.

Ricordiamo anche che il 30 settembre 2009 la giunta Salini ha espresso, giustamente, parere negativo al progetto di discarica di amianto a Cingia de’ Botti con queste motivazioni: presenza di acqua effimera superficiale, situazione viabilistica (strada statale Giuseppina) critica in termini di incidentalità, zona inserita nel piano faunistico e venatorio come zona di ripopolamento e cattura, presenza di aree circostanti individuate come DOP e IGP, previsione di costruzione di un insediamento industriale e di un circuito auto motociclistico.
Non si capisce come mai non abbia fatto altrettanto con il progetto di discarica di Cappella Cantone dove esistono condizioni oggettive ben più gravi di quelle rilevate nell’altra località.
Chiediamo quindi a Salini e al suo assessore all’ambiente Pinotti come mai hanno ritenuto di dover esprimere parere favorevole, sia per il rilascio della VIA (valutazione di impatto ambientale) che dell’AIA (autorizzazione integrata ambientale), per il progetto di discarica di amianto a Cappella Cantone dove vi é un’ instabilità idrogeologica ben più grave di quella paventata a Cingia de’ Botti e vi è anche la presenza di fontanili; dove la situazione viabilistica è parimenti critica (strada statale Paullese) e nelle vicinanze vi sono due stabilimenti agro-alimentari tra i più importanti in Italia e una discarica di rifiuti solidi urbani in fase di post chiusura.
Noi non siamo disposti a rinunciare al diritto individuale e collettivo della tutela della nostra salute. La realizzazione di questa discarica non è un’attività per il “bene comune”, è l’ennesimo risultato di una politica ambientale corrotta ed inefficace ed è ora di dire BASTA!

Mariella Megna – Cittadini contro l’amianto
Carmine Fioretti – Confederazione Unitaria di Base
Giorgio Riboldi – SU LA TESTA l’altra Lombardia

lunedì 14 giugno 2010

Quel maledetto Terzo Ponte...

Sta passando sotto un assordante silenzio dell'opinione pubblica l'ennesimo e inaudito scempio ecologico-ambientale nel nostro paese, sorretto e giustificato dal mai intoccabile dogma dello Sviluppo.
Questa volta la vittima prescelta è la provincia di Cremona, che, quasi incurante, si ritroverà a subire un gigantesco ecomostro sul proprio territorio. Il caso di Cremona è emblematico per mostrare la prassi consolidata di imporre sulla testa delle comunità infrastrutture faraoniche dall'impatto ambientale ed esistenziale devastante per il profitto di pochi. Una vicenda che merita di essere illustrata a fondo. Il progetto definitivo della nuova infrastruttura, (il cosiddetto "Terzo ponte sul Po"), voluto dalla società Autostrade Centropadane, prevede la costruzione di un raccordo autostradale a pagamento di 12 km che collegherà le province di Cremona e Piacenza, e di un nuovo ponte di 200 metri con i piloni in acqua sul Po, attraversante la zona golenale e circa 9 km del territorio rurale di Castelvetro Piacentino.
L'impatto previsto sarà devastante.
Oltre alla sottrazione di suolo ( quasi 300 ettari di aree golenali, zone agricole di pregio) con frazionamento e inutilizzabilità delle aree agricole, verranno stravolte tre aree protette dalla UE, frammentati 1000 ettari di habitat di riproduzione e perduti decine di migliaia di animali tutelati (uccelli e pesci). Per chi non lo sapesse a poche centinaia di metri da quella zona, grazie alla previdente opera di pianificazione urbanistica e territoriale delle precedenti amministrazioni, a Cremona sono state autorizzate negli anni una raffineria (Tamoil), un deposito di gas liquefatti (ABIBES) e un impianto per l'imbottigliamento GPL (Liquigas), tutti stabilimenti classificati dal Decreto legislativo 334/99 Seveso-bis come categoria C, luoghi in cui sono presenti sostanze pericolose in quantità tali da costituire un rischio d'incidente rilevante”.
Oltre a ciò, per non far mancar nulla, nella stessa zona si sono autorizzate anche la ditta SOL ( produzione deposito ed immissione in bombole di gas liquefatti), l'oleificio Zucchi, il tubificio e l'acciaieria Arvedi ( recentemente ampliata con relativa discarica da 250.000 metri cubi) e i silos di materiali plastici della multinazionale Katoen Natie.
Il tutto si trova ad una distanza risibile dal centro abitato, tale da compromettere la compatibilità con una minima qualità di vita. Nemmeno un progettista folle avrebbe potuto far di meglio! A questo punto, pensare di far passare in mezzo a questa polveriera un raccordo autostradale a sei corsie largo fino a 50 metri è veramente troppo. Lo scopo di tutto ciò è il solito, quello di snellire il traffico pesante e non e di velocizzare il trasporto di merci, in una zona non particolarmente intasata, visto che conta circa 3000 veicoli al giorno (ridotti del 10% negli ultimi anni). Il progetto 2005 prevedeva un traffico al 2020 di 12.000 veicoli/giorno; quello del 2008 ha spostato al 2033 le stime, aumentando il flusso a 43.000 veicoli/giorno. Addirittura il progetto definitivo del 31/03/10 non cita alcuno studio aggiornato sui flussi di traffico! Questo progetto dai costi spropositati ( si parla di circa di 200 milioni di euro), guidato direttamente dalla società che costruisce l'infrastruttura ed estraneo a qualsiasi pianificazione territoriale, non ha minimamente preso in considerazione le diverse alternative progettuali esistenti e valide, molto meno costose e impattanti. Nonostante l'ampiezza e l'importanza dell'infrastruttura, quasi nessuno conosce a fondo il progetto, salvo qualche dettaglio a cose già fatte, dato che negli ultimi mesi e anni il coinvolgimento attivo dei cittadini, delle amministrazioni locali e di esperti indipendenti nei processi progettuali e decisionali ha rasentato lo zero. L'unico ente che ha avanzato pesanti riserve è la Regione Emilia Romagna, che ha elaborato un documento di 53 pagine sul progetto, non accolto dal Ministero nel parere VIA. Neanche le varie obiezioni presentate potranno far cambiare le cose, poiché gli stessi vertici di Centropadane hanno detto che non si può tornare indietro.
Se vogliamo, quello di Cremona è uno dei tanti piccoli grandi casi locali, ma mostra perfettamente come stiamo sacrificando e svendendo senza battere ciglio le cose più preziose che abbiamo: salute, ambiente e qualità della vita. Questo modello di Sviluppo basato sulla crescita e sul profitto senza limiti, considera il territorio come una mera risorsa inesauribile e la sua tutela e salvaguardia subordinate ad interessi finanziari e sovente speculativi. Accettiamo un meccanismo deleterio che permette la svendita di un patrimonio collettivo ed esauribile come il suolo e l'aria pulita per far arricchire politici e affaristi vari. Vuoi mettere passare da una sponda all'altra del Po in un attimo senza trovare code, distruggendo però un intero ecosistema? I costi del Progresso, dirà qualcuno. Ma alla nostra vita e al nostro futuro chi ci pensa? I pochissimi ma combattivi che si stanno muovendo contro l'ennesima colata di cemento e l'ennesimo oltraggio al territorio, sono già etichettati come i soliti sfigati ambientalisti, "professionisti del no".
Pazienza noi andiamo avanti.

Marco Ghisolfi

giovedì 3 giugno 2010

IO STO DALLA PARTE DELL'ALBERO!

A Castelvetro piacentino, paese in riva al Po dove passa l’autostrada Brescia-Piacenza, si vuole costruire un altro pezzo di autostrada, che taglierà la campagna e attraverserà il Grande fiume con un nuovo ponte verso Cremona. La realizzazione di questa infrastruttura avrà un impatto devastante sul territorio, arrivando anche a minacciare uno straordinario esemplare di quercia secolare, soprannominato Mina.
Numerosi cittadini si sono già mobilitati a difesa di questo monumento naturale, simbolo di una resistenza inconsapevole, che tuttavia si va lentamente ma inesorabilmente consolidando: quella contro un Progresso sempre più prevaricante e antiumano.
Ai comitati di cittadini schierati nella difesa del territorio, Movimento Zero Cremona intende manifestare la sua totale solidarietà.


Sin dagli albori, l'uomo ha riconosciuto all'albero un valore sacro e simbolico, in virtù della sua natura di collegamento vivente tra la terra ed il cielo, tra il mondo ctonio e l'universo celeste.
Affondando le proprie radici nelle profondità della terra, infatti, l'albero compie un processo simbolico di introspezione che è la precondizione della sua crescita: quanto più attinge alle segrete energie della terra, tanto più si protende verso il cielo.
Per questo, l'albero si è trovato a simbolizzare, nella maniera più naturale e compiuta, il percorso di ricerca interiore e di elevazione spirituale dell'uomo.
Per noi abitanti delle sponde del Po, mai come oggi l'albero è tornato a rivestire la sua ancestrale funzione simbolica.
La quercia secolare Mina, infatti, non rappresenta solo un inestimabile monumento naturale, ma anche e soprattutto un simbolo vivente di Resistenza, in opposizione all'ennesima, mostruosa follia progressista: il faraonico progetto del Terzo Ponte di Cremona.
Non serve sottolineare l'inutilità di questo delirio di cemento e bruttezza, la cui realizzazione non può essere certo ricondotta agli interessi della collettività e del territorio, quanto più a quelli dei consueti speculatori di turno.
Per questo, difendere Mina, stare dalla parte dell'albero, simboleggia, in fondo, la scelta di schierarsi contro il bieco materialismo moderno e la logica del profitto, in difesa dei valori autenticamente umani.
Ciò di cui abbiamo bisogno noi oggi non è un terzo inutile ponte che contribuisca ad inquinare il nostro territorio e a fare scempio di quanto resta del suo patrimonio naturalistico, ma di riscoprire, attraverso silenziosi testimoni come Mina, il senso profondo della nostra esistenza nel mondo.
Non lasciamo che i soliti profittatori, servi del Progresso criminale, ci privino, ancora una volta, di quanto abbiamo di più prezioso. Mina è un simbolo della nostra condizione di uomini moderni, assediati dal cemento e dalla grettezza: le sue radici sono le nostre.
Difendiamola e difendiamoci.

Movimento Zero Cremona

Vi invitiamo a firmare la petizione promossa dal sito:
www.salviamononnaquercia.com